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Svitolina versione 2018
Tutta un’altra cosa

Questo contenuto è stato pubblicato 6 anni fa. Potrebbe essere riferito ad un’edizione passata degli Internazionali d’Italia.

Ci sono un paio di dati statistici che aiutano a delineare gioco e carattere di Elina Svitolina. Innanzitutto, sta servendo con percentuali fantastiche per il tennis su terra battuta: tra ottavi, quarti e semifinali, la sua prima di servizio è entrata in campo con percentuali prossime ed eccedenti il 70%, portandole in media due punti su tre. Per rendere quanto riesca a pensare da vincente, invece, basti questo: la tennista ucraina ha vinto tutti e sette gli ultimi tornei in cui ha raggiunto le semifinali.
C’è poi un suono, una sensazione, che Elina trasmette dal vivo e che i numeri non possono restituire: è il rumore che fa la pallina quando esce dalle sue corde. Un “pa!” secco, preciso, sempre uguale, che le sue avversarie – non solo la palla – subiscono come uno schiaffo e che lo scorso anno era diverso. “Ho cambiato corde, forse è per quello” dice lei sorridendo in conferenza stampa, il viso circondato dai capelli biondi e dalla visiera del cappellino: “però colpisco anche più forte, sicuramente”. Si vede, e si sente.

Mentre buona parte del mondo occidentale si faceva distrarre da un non-evento, nelle prime ore del pomeriggio di sabato questa concentratissima e agonisticamente spietata Svitolina non perdeva un minuto, facendo di Anett Kontaveit una pratica da un’ora e quarto, chiusa per 64 63. Alla campionessa in carica degli Internazionali BNL d’Italia manca ancora un match per difendere il suo titolo, ma si può già affermare che quella vista all’opera quest’anno è una versione migliorata della giocatrice che vinse qui l’anno scorso. “Sono sicuramente più potente quest’anno, e sul campo si vede” ha detto a pochi secondi dal match point nell’intervista a caldo sul campo, riuscendo a dire qualcosa di interessante prima della consueta e imbarazzante richiesta di proferire qualche sillaba in italiano (è riuscita ad essere cortese e puntuale anche lì).
Anett Kontaveit è stata invece, e comprensibilmente, di poche parole. Dopo due vittorie consecutive contro Top 10 (Venus e Wozniacki), sabato a tratti è stata spazzata via dal campo: “Aveva una risposta per qualsiasi cosa le tirassi”, ha detto con espressione eloquente. “E’ l’obiettivo di ogni partita, essere pronte a fronteggiare l’avversaria”, ha commentato Elina a chi le riferiva quelle parole della tennista sconfitta. La 23enne di Odessa è seguita part time da Thierry Ascione, che la consiglia dall’esterno avendo battuto la concorrenza di Gabriel Urpi (ex coach di Pennetta) pur rimanendo a fianco di Tsonga, e a tempo pieno da Andrew Bettles, chiamato sul campo anche durante questa semifinale piuttosto a senso unico. L’unico momento di incertezza è arrivato sul 3 pari del primo set, quando Anett si era temporaneamente riportata in parità: l’equilibrio è durato pochissimo. Insomma, lei e il suo team sembrano aver trovato una ricetta vincente che non va cambiata, un insieme di abitudini che funziona e che a colleghe come Anett ancora sfugge: “Dal primo match alla finale, la mia routine rimane la stessa”, conferma Elina parlando dell’avvicinamento al match che le varrà o meno la difesa del titolo. Già trionfatrice a Brisbane e a Dubai (dove la difesa del titolo le è riuscita alla grande), Elina sembra decisamente a suo agio nei panni della campionessa. Ha un record eccezionale nelle finali: ne ha vinte sette consecutive dal 2016, e in totale ha un record di 11-2 nei match per il titolo. “Sarebbe interessante giocare contro Maria” ha detto in conferenza stampa, sbilanciandosi nell’indicare quale avversaria preferirebbe trovare in finale: “E’ da un sacco che non ci gioco”. Anche questa risposta, in qualche modo, la dice lunga sul suo modo di affrontare la vita e la carriera professionale: contro la russa ha perso entrambe le volte che si sono affrontate, nettamente. L’ultima risale ormai al 2015. Se la finalista fosse invece Simona Halep, si ripeterebbe l’atto conclusivo dello scorso anno e Elina partirebbe in vantaggio 3-2 nei confronti diretti.
Con il suo approccio, basato quasi maniacalmente sul miglioramento di se stessa in pressoché ogni reparto – è decisamente più a suo agio anche con i media, ad esempio –, Elina riesce ad essere priva di qualsiasi ansia riguardo l’avversaria. “La cosa importante è essere parte del mio gioco”, ha detto utilizzando un’espressione che utilizza quasi come mantra. “Be part of my game” è il motto di Svitolina perché, come dice lei, “poi non importa chi c’è dall’altra parte della rete”.

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