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LA SODDISFAZIONE DEL PRESIDENTE

GASPORT: COSI’ PARLO’ BINAGHI
“Ricavi e cultura, siamo un modello”

Binaghi 2013

Questo contenuto è stato pubblicato 7 anni fa. Potrebbe essere riferito ad un’edizione passata degli Internazionali d’Italia.

Da La Gazzetta dello Sport del 13 maggio 2017

 

Da quindici anni, Angelo Binaghi è il tennis italiano. I giudizi si lasciano alla storia, ma la cronaca non può nascondere che, con la sua gestione, gli Internazionali d’Italia sono risorti a nuova vita.

Presidente Binaghi, come si trasforma in 15 anni un evento moribondo in un volano anche culturale del nostro paese?
“Mi fa piacere questo riconoscimento: è vero, gli Internazionali non sono più soltanto un appuntamento tennistico, ma ormai fanno parte del tessuto sociale dell’Italia. Innanzitutto, abbiamo scacciato fin da subito i mercanti dal tempio. E poi è stato decisivo far comprendere al Coni, attraverso la sinergia con Coni Servizi, che il torneo poteva generare business. Così, siamo riusciti a proporre un modello organizzativo che poi è stato applicato anche da altre federazioni. Siamo stati precursori e adesso i numeri ci premiano”.

Finalmente ha anche realizzato il sogno del sorteggio al Colosseo: segno di un legame ritrovato con la città?
“Devo ringraziare il sindaco e la Giunta, che hanno mostrato una sensibilità e un interesse sconosciuti ai predecessori. Continuo a pensare che non ci sia luogo più idoneo , per tradizione, magia e fascino, di Roma per ospitare il torneo, ma ho anche aggiunto in più di un’occasione che la città deve meritarsi gli Internazionali. Ritengo sia stata finalmente imboccata la giusta direzione”.

E’ consapevole che alle prime gocce di pioggia tornerà alla ribalta il tormentone della copertura del Centrale…
“Dopo anni di tante parole e pochi fatti, finalmente sono ottimista. Il Comune è d’accordo con il progetto, i primi incontri con gli assessori competenti sono stati proficui, mi sembra che le istituzioni municipali abbiano compreso che il torneo si rafforzerebbe di molto con la terza gamba dopo Fit e Coni Servizi. E poi la copertura prevede la creazione di un paio di anelli in più sul Centrale, con incremento dei biglietti a disposizione e un coinvolgimento sempre maggiore del pubblico”.

Però c’è il problema del calendario: dieci giorni anziché sette sarebbero ossigeno puro…
“E’ comune anche a Madrid, avete visto quante rinunce hanno dovuto fronteggiare. Purtroppo la stagione su terra si è compressa e fino al 2019 il calendario è intoccabile, ma ci stiamo attivando per cercare di ottenere più spazio”.

Perché sì alla wild card alla Sharapova e no alla Schiavone?
“Maria ci ha chiesto la wild card a inizio stagione e ammetto che personalmente avevo dei dubbi etici. In Consiglio abbiamo discusso ed è passata la linea favorevole. Adesso ritengo sia stata una scelta giusta, per l’impatto della Sharapova sul tennis femminile e per il ritorno sul torneo. In quegli stessi giorni, la Schiavone era oltre il 150esimo posto e lanciava sui social un sondaggio su cosa avrebbe dovuto fare dopo il ritiro: in pratica nessuno, lei compresa, era sicuro fino a quando avrebbe continuato a giocare. Noi abbiamo tre wild card, non quattro come Madrid: una l’abbiamo data alla russa, l’altra non potevamo negarla alla Errani, finalista solo tre anni fa e piazzata meglio in classifica, la terza  per la vincitrice delle prequalifiche, perché premiamo giustamente lo sforzo di chi si è messo in gioco. Detto questo, posso solo applaudire orgoglioso alle ultime vittorie di Francesca”.
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A proposito di prequalifiche: si è rivelata un’iniziativa di grande successo.
“Quest’anno hanno riguardato 16.000 giocatori con tutto ciò che comporta in termini di interesse e coinvolgimento. Sono sicuro che presto ce la copieranno anche all’estero”.

Tornasse indietro, direbbe ancora quelle infelici frasi su Federer?
“E’ stato costruito un caso sul nulla. Nell’epoca dei social, ogni frase può essere estrapolata dal contesto e creare polemiche fittizie. Ci rido sopra. Considero Federer, con Laver, il più grande giocatore della storia del nostro sport, la mia era solo una considerazione generale. Quanto al tifo per Nadal, non l’ho mai nascosto: io ho mille difetti e un grande pregio, sono un lottatore nato. Per questo mi rivedo in Rafa”.

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