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I NERVI D’ACCIAIO DI CICI BELLIS
La stellina Usa e la filosofia di Pep Guardiola

Questo contenuto è stato pubblicato 7 anni fa. Potrebbe essere riferito ad un’edizione passata degli Internazionali d’Italia.

Non è soltanto la più giovane in tabellone. Catherine Cartan “CiCi” Bellis è la più giovane tra le top-100. La è di gran lunga, poiché non ci sono giocatrici nate nel 1998, ma soltanto qualche “1997”. Lei è nata l’8 aprile 1999 e sta crescendo nel modo giusto: rapidamente, ma sottotraccia. Ma è difficile non notarla al Foro Italico, dove ha passato le qualificazioni ed è piombata al secondo turno dopo la convincente vittoria contro Misaki Doi, otto anni più anziana, giapponese un po’ atipica perché utilizza con efficacia le rotazioni, in contrasto con la tradizione asiatica. Oggi è numero 53 WTA e al secondo turno sfiderà Kiki Bertens. Uno scenario impensabile fino a un anno fa, quando i risultati non arrivavano. Andava talmente male che decise di restare tra gli amatori e provarci con gli studi, alla Stanford University. Ma poi ha conosciuto il suo attuale coach, Anibal Aranda (paraguaiano che risiede negli Stati Uniti), il quale ha cambiato ogni prospettiva. In particolare, le ha migliorato la seconda di servizio e l’ha resa più forte sul piano fisico, a seguito di un lavoro mirato in palestra. E così, dopo uno splendido Us Open (è giunta al terzo turno dopo essere partita dalle qualificazioni, è andata dal suo allenatore e gli ha detto: “Ehi Anibal, ho deciso: divento professionista”. Da quando i prize money finiscono sul suo conto corrente, Catherine è cresciuta settimana dopo settimana. Ha saltato la trasferta australiana di inizio anno perché durante la preparazione invernale si è procurata un guaio muscolare dopo una sessione di allenamento in spiaggia. “Altre sarebbero andate comunque, magari per i soldi, però io sentivo che così avrei soltanto peggiorato la situazione”. Al rientro ha battuto la Radwanska a Doha, dove ha raggiunto i quarti di finale. Adesso sta provando a fare buone cose sulla terra battuta. A Rabat ha vinto le sue prime partite in carriera (peraltro superando la Bacsinszky) e ha giocato bene anche a Madrid. Si sta confermando a Roma, ma c’è chi non è per nulla sorpresa dalle sue performance: si tratta di Monique Javer, la sua prima maestra. L’ha presa quando aveva 7 anni, non voleva seguirla perché era troppo amica dei genitori, ma ha scoperto che a spingere era stata proprio lei. “Mi disse che avrebbe voluto andare a Wimbledon. Fuori dal campo è dolce e gentile, ma si tratta di una grande agonista. Possiede nervi d’acciaio”.

Lo sta mostrando al Foro Italico, dove evitato che il match contro la Doi prendesse una piega pericolosa. E poi gioca bene, con un gran bel dritto piatto che è quasi sempre un vincente quando può piazzare i piedi dentro al campo. La crescita è merito di coach Aranda, un appassionato di calcio che sta cercando di applicare al tennis le teorie di Pep Guardiola, che richiede disciplina assoluta ai suoi giocatori fino all’area di rigore, salvo poi lasciarli liberi in zona gol. “Dentro al campo può fare quello che vuole – dice Aranda – ma quando deve palleggiare da dietro la linea deve aspettare, non voglio che corra rischi inutili”. Con questi accorgimenti, semplici ma importanti, la Bellis si sta costruendo la corazza necessaria per diventare una grande giocatrice. E’ stata brava a non entrare nel vortice delle wild card quando batté Dominika Cibulkova allo Us Open 2014, ad appena 15 anni e 152 giorni, costringendo ESPN a mandare un troupe su un campo non coperto dalle telecamere. Fu la Golden Girl del tennis americano per qualche giorno, ma poi ha avuto l’umiltà di giocare i tornei ITF, senza cercare particolari scorciatoie. Si è concessa solo un paio di vezzi: il primo è il nome: si chiama Catherine Cartan, ma ha già chiesto alla WTA che scrivano “CiCi”: “Ormai l’unica che mi chiama Catherine è mia madre, quando è arrabbiata”. Probabilmente l’accontenteranno. E poi c’è quella macchina, una BMW con cui guida in Florida, dalle parti di Orlando, dove ha preso casa insieme alla famiglia. A Lake Nona c’è il maxi-centro tecnico della USTA: CiCi ha abbandonato la California per trasferirsi in Florida. Poiché è già munita di patente, si è concessa un auto niente male. Ma non è così brava a maneggiare il volante. “Se parcheggiassi così in Olanda, verresti bocciata all’esame per la patente” ha detto il suo manager Marijn Bal, olandese. Sul campo da tennis, tanto, servono altre qualità.

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