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Vinci saluta con un ultimo
regalo: “Ora vacanza!”

Questo contenuto è stato pubblicato 6 anni fa. Potrebbe essere riferito ad un’edizione passata degli Internazionali d’Italia.

C’è chi adora sentire addosso l’attenzione altrui, che farebbe di tutto per un minuto, o un metro quadro, sotto la luce di un riflettore. C’è chi invece farebbe di tutto per evitarla, la ribalta. Roberta Vinci appartiene alla seconda categoria, e chiunque conosca un poco la tarantina già lo sa. Anche in questo lunedì che di lunedì aveva ben poco, mentre un Campo Pietrangeli strapieno si spellava mani e corde vocali durante il riscaldamento di questo debutto che di debutto aveva ben poco, lei teneva lo sguardo basso, rivolto al più alla sua ultima avversaria. Quando ha salutato il pubblico durante il palleggio, dopo l’annuncio in pompa magna dello speaker, lo ha fatto alzando le mani frettolosamente e per una frazione di secondo. “Sì, sono Roberta Vinci, e quindi?”, sembrava dire il suo sguardo, quasi a ribellarsi contro una popolarità che, nel momento della competizione, le ha sempre provocato meno gioia che disagio. Aleksandra Krunic, che in questo primo turno debuttava in assoluto e per davvero al Foro Italico, sapeva che si sarebbe ritrovata in una situazione strana: un’avversaria, e migliaia di persone attorno a lei, che pensavano al match e al risultato solo in seconda istanza. Prima del punteggio, tutti erano impegnati a ripercorrere un personale album di ricordi con una protagonista comune, Roberta. La splendida carrellata di immagini che, al termine del match, è stata proiettata sul video wall del Pietrangeli era già passata nella testa delle quasi 4.000 persone che affollavano ogni centimetro quadrato dentro e attorno allo stadio. Ciò nonostante, le lacrime non le ha scampate quasi nessuno.

Eppure il match era stato vero, e a tratti anche spettacolare. Il primo set, in cui è riuscita a convogliare in modo positivo tutta l’energia accumulata nelle ultime settimane, ha mostrato una Vinci d’annata, quella capace di colpire e accarezzare la palla come poche persone al mondo. Rovesci in slice, diritti laser, discese a rete, servizi: per una mezz’ora, il ritiro dalle competizioni è stata una cosa a cui pensare più tardi. Seduta al cambio campo, dopo il 6-2 iniziale e mentre il pubblico invocava il suo nome, Roberta si è lasciata andare al primo sorriso della giornata. Sull’altra panchina, Krunic schiumava frustrazione. La minuta tennista serba giocava un primo turno come ogni altro, senza potersi permettere di ragionare sul fatto che il suo diritto-dovere di vincere avrebbe voluto dire terminare la carriera di una leggenda degli ultimi vent’anni di tennis. Alex, come la chiama il suo staff, ha chinato la testa e si è messa a giocare come sa: mettendo i suoi piedi scattanti ed esplosivi al servizio di un talento che ha quasi dell’incredibile, considerando la velocità e il ritmo che riesce a generare dai suoi 160 centimetri di altezza. Dal 2015, quando sembrava in grande ascesa e batté Roberta per tre volte su altrettanti incontri, ha passato qualche momentaccio. Su tutti, la rimozione di un tumore benigno alla tiroide, problema che spiega parzialmente un fisico che sembra rimasto all’adolescenza. Eppure il suo tennis è grandioso, e nel 6-0 2-0 che ha rifilato a Roberta nel giro di mezz’ora, sulla strada verso il 26 60 63 conclusivo, ha convinto il pubblico partigiano del Pietrangeli a urlarle “brava”. La sua coach Elise Tamaela, protagonista anche lei di una storia drammatica che è stata raccontata persino dal New York Times, è con lei dalla fine del 2016 e l’ha aiutata a metterle ordine nella testa e nel gioco. E’ tornata così tra le prime 50 del mondo, dove un talento enorme come il suo dovrebbe rimanere a lungo. Che Roberta, con la sua lunghissima carriera, sia una persona che ammira e un esempio da imitare lo si capisce da come la abbraccia a rete, dopo averla battuta. Da come chiede scusa al pubblico, da come rimane commossa a guardare la piccola cerimonia che le viene tributata sul campo, con le 21 rose rosse consegnatele del presidente Angelo Binaghi.

Anche Aleksandra, nata una decade dopo di lei, capisce quanti sono vent’anni. Quelli che sono trascorsi dal primo match di Roberta, giocato nelle qualificazioni dell’edizione 1998 del WTA della sua città adottiva, Palermo, e questo 2018. Vent’anni durante i quali ha costruito una carriera piena di luce, di talento, di esplosioni di gioia come quelle generate da ogni sua discesa a rete vincente. Di vittorie e successi, come le quattro Fed Cup conquistate tra il 2006 e il 2013, come i dieci titoli in singolare, come la semifinale epocale (no, per una volta epocale non è un termine eccessivo) vinta contro Serena Williams agli US Open del 2015. Ma anche di ombre: “Ho passato momenti molto brutti” ammette, commossa, mentre cerca le parole per salutare il pubblico. Momenti di cui non sapremo probabilmente mai granché, com’è giusto che sia. Non sapremo mai nemmeno quale chimica incredibile si deve venire a creare tra due compagne di doppio che per un po’ sono state le più forti del mondo. Cinque Slam, tra cui il titolo a Wimbledon del 2014, e un rapporto con Sara Errani che nella sua complessità nessuno di noi potrà mai capire. A salutarla Sara non c’era, impegnata su un altro campo, in un altro doppio. Ma non importa.
“Levatemi ‘sto microfono, basta!” ha scherzato – ma non troppo – Roberta dopo essere stata quasi costretta a dire qualcosa per congedarsi da un mondo cui ha dato tutto quello che aveva, ricevendo in cambio gioie e dolori. Per chi l’ha ammirata in televisione, o da un posto in tribuna, è un’equazione con segno più senza ombra di dubbio: le luci abbaglianti con cui Roberta ci ha illuminato, per molti anni, hanno obliterato qualsiasi ombra. Mentre la commozione coglieva tanti, nello stesso momento, la voce di Roberta suonava finalmente convinta, contenta. “Io sono felice, non ce la facevo più. Vado in vacanza! Vacanza!” ha urlato, finalmente.
Giocare di fronte a questo pubblico era un dovere inevitabile, per un carattere come il suo: “Il risultato contava poco, era più un salutare e ringraziare la gente. Altrimenti mi sarei ritirata l’anno scorso” , ha poi ribadito in conferenza stampa, confermando una sensazione che avevano in molti. Anche per aver resistito al disagio quasi fisico che deve averle procurato l’avvicinamento a questa data, a questo concentramento di attenzione e riflettori e microfoni, l’unica parola per Roberta non può essere che grazie.

 

Il video che ha salutato Roberta sul Campo Pietrangeli:

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