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MI RITORNI IN MENTE / IL 1987 E’ L’ANNO DI WILANDER
A Roma lo svedese batte Jaite in finale

Questo contenuto è stato pubblicato 6 anni fa. Potrebbe essere riferito ad un’edizione passata degli Internazionali d’Italia.

Mats Wilander nel 1987 vince il suo primo – e unico – trofeo a Roma. Dopo aver superato in semifinale John McEnroe, lo svedese vince gli Internazionali battendo l’argentino Jaite in finale. “Mi ritorni in mente” è lo spazio dove rivivere le partite più belle degli IBI attraverso la penna di grandi giornalisti che quei match li hanno raccontati dal vivo.

ROMA. Gli Internazionali d’Italia hanno avuto una finale sottotono. Il cielo coperto e la presenza in campo di due campioni capaci di giocare un tennis molto buono, ma poco entusiasmante, hanno indotto la gente a prendersela comoda, a finire la colazione domenicale e arrivare al Foro Italico in ritardo. Martin Jaite e Mats Wilander si erano incontrati quattro volte ed aveva vinto sempre lo svedese.

La speranza e la resistenza opposta dall’argentino sono state encomiabili, ma per smontare una muraglia di regolarità, come quella di Wilander, ci vuole altro. Jaite, costretto a variare troppo, per non rimanere strangolato, ha dovuto giocare un tennis superiore alle sue forze, quindi ha finito per eliminarsi da solo. Nel primo set c’è stato equilibrio fino al due pari, quando Jaite si è aperto un varco, facendo il primo break. Una preziosa conquista che lo ha visto portarsi sul 3-2, un vantaggio da tenere con il servizio, che non è stato all’altezza della situazione.

Wilander, che è andato sul tre pari, non ha consentito altre chances, ed ha chiuso 6-3. Nel secondo Jaite ha intrapreso la sua brava scalata, che lo ha visto passare in vantaggio 2-0, con l’opportunità del 3-0. Ma la faticosa strategia lo ha costretto ad arrendersi al due pari, con tante energie e troppo fiato sprecato. Jaite ha trovato la forza di andare ancora in testa 4-3, ma Wilander ha messo fine ai suoi sogni concludendo 6-4. Sullo score di due set a zero, i giornalisti hanno cominciato a spostarsi verso le macchine da scrivere: il destino dell’argentino era segnato. Sul 5-1 per lo svedese, nel set finale, c’è stata un’ultima rincorsa, che ha ridotto il punteggio 6-4. La solidità di Wilander, come tutti pensavano, è venuta fuori alla distanza.

Dopo la vittoria nel torneo di Monte-Carlo, lo svedese appare in edizione rinnovata. Un forzato riposo e una lunga luna di miele gli hanno ridato l’ispirazione. Wilander nelle stagioni d’oro – non dimentichiamolo – è stato capace di vincere due Roland Garros e due Australian Open. Allo svedese va riconosciuto il merito di aver tentato di completare il suo gioco, arricchendolo di un rovescio alternativo, oltre a quello piatto e liftato, eseguito a due mani, e di qualche incursione a rete. Quando un regolarista intraprende esperimenti evolutivi, verso un tipo di tennis diverso, almeno all’inizio è destinato ad avere problemi, che oggi sembrano superati.

Con il vertice tennistico che vacilla, in vista del Roland Garros, per Wilander si aprono grandi chances. Chi riuscirà a fermare la sua corsa, di ritrovata pazienza e regolarità? Un “ammazzasvedesi” come Mecir, ammesso che sia in condizioni? Ivan Lendl, che a Roma ha fatto una povera esibizione? McEnroe, che ha dimostrato grossi limiti, oppure Edberg che non ha giocato? Questo è un racconto che appartiene al domani, mentre le due settimane di Roma hanno aperto un capitolo nuovo nella storia del nostro sport. La passione per il tennis si è risvegliata e per molti anni non ci abbandonerà. Questo può fare soltanto bene alle industrie impegnate nel settore, che sono tante, e aiuterà ad avvicinare i giovani a uno sport, che in Italia cerca disperatamente un campione.

Lea Pericoli (Il Giornale, 18 maggio 1987)

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