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BERRETTINI-TRAVAGLIA, UNA POLTRONA PER DUE
Alle 11.00 il derby azzurro che vale un posto nei quarti

Questo contenuto è stato pubblicato 4 anni fa. Potrebbe essere riferito ad un’edizione passata degli Internazionali d’Italia.

Due anni dopo Fabio Fognini, il tennis azzurro è certo di tornare a piantare (almeno) una bandierina nei quarti di finale degli Internazionali BNL d’Italia. Merito di Matteo Berrettini, vincente e convincente all’esordio con l’argentino Federico Coria, ma soprattutto di Stefano Travaglia.

Il 28enne di Ascoli Piceno, in tabellone grazie ad una wild card, ha fatto fuori due top 30 come Taylor Fritz e Borna Coric. Solido e più che mai centrato tatticamente, “Stetone” si avvicina al super derby  senza i favori del pronostico ma avanti 4-0 nei precedenti (uno per forfait del tennista romano nella finale del torneo Futures di Reggio Emilia). Il match apre, alle 11.00, il programma di giornata  di venerdì 18 sul Campo Centrale.

I due non si affrontano da quattro anni, dalla semifinale ITF di Santa Margherita di Pula, ma Simone Vagnozzi ha le idee chiare su importanza del passato e incognite del presente. “Le tre vittorie collezionate da Stefano – spiega il coach di Travaglia – aumentano un minimo le nostre possibilità di poterci credere. Berrettini resta il favorito, risultati e classifica parlano per lui, anche se le vittorie ottenute ai danni di giocatori del calibro di Fritz e Coric sono in grado di dare tanta carica. Nel torneo ci sono già state diverse sorprese, senza dimenticare che il lockdown e la conseguente nuova organizzazione del calendario hanno scombinato i piani di tanti professionisti. Stefano avrà il vantaggio di essersi allenato tanto sulla terra durante lo stop e di aver giocato quattro match intensi la scorsa settimana al Challenger di Prostejov”.

Una rincorsa senza fine, ricca di strapiombi e risalite. Prima il terribile infortunio  al tendine della mano destra del 2011, poi altri guai tra i quali un serio problema alla schiena. Travaglia ha sempre guardato avanti, senza arrendersi mai. E con Vagnozzi, adesso, sembra aver trovato la giusta dimensione.

La coppia marchigiana lavora sodo da oltre un anno e i risultati non hanno tardato a farsi vedere. “Aver raggiunto uno storico terzo turno a Roma – prosegue l’ex numero 161 del ranking ATP – è per noi un grande motivo di orgoglio. Ci alleniamo ogni giorno per cercare sempre maggiore ordine, dentro e fuori dal campo. Stefano ha imparato ad essere meno impulsivo, ora ciò che è più naturale è la giocata ‘ragionata’. Abbiamo voglia di continuare a vivere questa favola”.

E Matteo Berrettini? Smaltite le scorie newyorkesi (agli Us Open è unscito negli ottavi di finale, battutto da Andrey Rublev) il tennista romano è tornato a casa per giocare al Foro Italico da quarta forza del seeding: è uno dei grandi favoriti.

Nella sua città l’allievo di Vincenzo Santopadre non è però mai andato oltre il terzo turno e chiede spazio al connazionale dopo un buon esordio con l’argentino Coria.

“Matteo sta bene – conferma l’ex davisman azzurro – e gli ultimi allenamenti me ne danno conferma. Adattarsi ad una situazione surreale come quella che stiamo vivendo non è semplice ma una volta scrollata di dosso quel minimo di tensione le cose si sono aggiustate. Il cambio di superficie è complesso, ma più si avanza più si ritrova fiducia. Giocare sulla terra significa andare alla ricerca degli angoli, variare le traiettorie e soprattutto avere maggiore pazienza. I precedenti tra loro? Sono importanti, è vero, ma Matteo sa che ciò che conta è il presente”.

Fisicamente devastante, Matteo Berrettini sta imparando a pensare nel modo preferito dal suo allenatore. “Di colpitori da servizio e diritto il circuito è pieno, ma non è sufficiente. Il tennis si è evoluto, è vero, però senza ordine e senza le giuste accortezze a livello tattico diventa molto dura. La partita occorre saperla leggere in ogni suo momento. Non tutti i giocatori nascono predisposti ma lavorare con Matteo è stato semplice da questo punto di vista”.

Da Travaglia a Sinner, da Musetti a Berrettini: il movimento scoppia di salute. “Questi ragazzi si stanno facendo da traino l’uno con l’altro – prosegue Santopadre – raggiungendo risultati prestigiosi. Merito loro e di tutti gli staff. Tra colleghi c’è molta sinergia. Adoro fare domande e trarre il meglio dalle risposte che ricevo. Il confronto tra allenatori è un aspetto fondamentale, è sempre bello scambiare idee ed opinioni. Tutti siamo d’accordo sui meriti della Federazione. In Italia si gioca tanto e questo non può che essere un valore aggiunto.

Gli fa eco Vagnozzi. “I ragazzi crescono quando hanno tante occasioni per competere quali ad esempio i tornei Challenger, un contesto ideale per fare esperienza e guadagnare insegnamenti preziosi. Da giocatore ho vissuto anni in cui era difficile trovare allenatori prepararti, appassionati e pronti a fare questo tipo di vita, allo stesso tempo bellissima e difficilissima. Tutti quanti insieme stiamo costruendo qualcosa di importante”.

Alla vigilia del match la pre-tattica non consente di strappare a Santopadre e Vagnozzi un parola in più su come hanno preparato la sfida a tavolino. Ma un indizio ce lo danno:

Vincenzo, che cosa temete di più di Travaglia? 

“La rapidità”

 Simone, che cosa vi preoccupa di più di Matteo?

“Il servizio”

Ready? Play. Vinca il migliore.

 

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