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RICORDI AZZURRI

DIECI ANNI FA, IL SOGNO DI VOLANDRI
10 maggio 2007 “Filo” batteva King Roger

Questo contenuto è stato pubblicato 7 anni fa. Potrebbe essere riferito ad un’edizione passata degli Internazionali d’Italia.

Quando gli chiedevano quale fosse il torneo dei suoi sogni, Filippo Volandri diceva sempre “Roma”. Per lui, ragazzo livornese cresciuto in una famiglia di sportivi, il Foro Italico veniva prima del Roland Garros. Oggi Filippo è un uomo fatto e finito, si è appena ritirato e collabora con la FIT nelle vesti di consulente tecnico, dando una mano ai migliori Over 18. Ma i ricordi romani, per quanto freschi, sono già incastonati nello scrigno dei ricordi, oltre che in un DVD che è gli è rispuntato fuori qualche mese fa, durante un trasloco. La registrazione risale a giovedì 10 maggio 2007, dieci anni fa, quando batté Roger Federer in un match straordinario, una delle più belle vittorie mai colte da un tennista italiano. Era la quarta volta che un azzurro superava un numero 1 ATP: ma riuscirci a Roma, nello storico scenario del Foro Italico, era un sogno che diventava realtà. La costruzione di quell’impresa nacque una decina d’anni prima, quando il giovane Volandri fu convocato al vecchio Centro Tecnico di Riano, riaperto nel 1998 dopo le dimissioni di Paolo Galgani e la chiusura del Centro di Cesenatico. Nel periodo di commissariamento, prima dell’elezione di Francesco Ricci Bitti, il Settore Tecnico tornò provvisoriamente a Riano. Responsabili: Tomas Smid e Fabrizio Fanucci. Annate: 1981 e 1982. Oltre a Volandri c’erano Francesco Aldi, Giunior Ghedina, Francesco Piccari e Diego De Vecchis. Quest’ultimo è uno degli 11 italiani che potranno raccontare ai nipoti di aver battuto King Roger. Fu il primo in assoluto: 1995, torneo Under 14 ad Annecy, in Francia. Il laziale, tuttavia, non sarebbe mai entrato tra i primi 1.000 ATP e avrebbe smesso di giocare a 25 anni. Quel gruppo si sarebbe sgretolato, ma il 17enne Volandri scelse di restare al fianco di Fabrizio Fanucci. Si trasferirono al Matchball di Firenze, dove sarebbero rimasti per una dozzina d’anni. A 19 anni ha vinto il primo Challenger a Biella, poi ha fatto la prima apparizione al Foro Italico nel 2001. Omaggiato di una wild card, giocò una splendida partita contro Sergi Bruguera sul campo laggiù in fondo, il più vicino allo Stadio Olimpico. Un migliaio di spettatori si radunarono sui gradoni in un tardo pomeriggio di sole, restando sorpresi dalla personalità con cui quel ragazzo teneva testa all’ex Re di Parigi. Dopo ogni bel punto, partiva spontaneo un coro: “Pippo! Pippo!”. Il soprannome “Filo” doveva ancora arrivare.

Sarebbe sbocciato nella primavera 2003, quando colse i quarti a Monte Carlo e poi di nuovo a Roma, mostrando un feeling che lo avrebbe accompagnato fino all’ultima apparizione. Batté Massu, Sluiter e Stepanek prima di perdere proprio contro Federer, non prima di avergli scippato un set. Stava prendendo le misure per il capolavoro di quattro anni dopo. Dopo quel torneo, il 12 maggio 2003, sarebbe diventato numero 1 italiano. Ci sarebbe rimasto per quattro anni e mezzo. In mezzo, tante soddisfazioni: due titoli ATP (St. Poelten 2004 e Palermo 2006) e tante belle vittorie, anche contro i migliori: Norman, Nalbandian, Davydenko, Moyà, Ljubicic, persino un giovanissimo Nadal…e ne dimentichiamo parecchi. “Quando la gente vede giocare Volandri dice ‘Ok, bravo’. Però quando sentono chi ha battuto si mettono sull’attenti. Dicono che ha fatto i miracoli: forse è vero”, ha detto Fabrizio Fanucci in un’intervista di qualche anno fa, prima che la collaborazione terminasse nel 2014. Non era un periodo semplice per il tennis azzurro: era in corso una ricostruzione dopo il vuoto lasciato dai ritiri di Gaudenzi e Furlan. Anni difficili, con la squadra di Davis retrocessa addirittura in Serie C. Volandri c’era, nel disgraziato weekend di Harare, nel settembre 2003. Ma si giocava su un campo veloce, suo storico tallone d’achille. Qualche rimpianto c’è: ha iniziato a giocarci soltanto a 16 anni di età, poi c’è stato il problema del servizio. Non particolarmente potente, non troppo incisivo. Per qualche anno è stata una piccola “questione di stato”. Lo stesso Volandri, con la serenità del senno di poi, ha ammesso che “qualche rimpianto c’è. Avrei potuto fare meglio alcune corse, magari lavorare di più sul servizio, anche se a causa del problema alla spalla il risultato non sarebbe mai stato eccellente”. E così, “Filo” è stato soprattutto un grande terraiolo. Arrivare al numero 25 ATP raccogliendo punti quasi esclusivamente su terra rende l’idea di quanto fosse forte, con il mattone tritato sotto i piedi. E tirava un rovescio da urlo, a una mano, grazie a un polso dalle ossa d’acciaio. Se è giusto ricordare le difficoltà con il servizio, è doveroso sottolineare la bellezza del suo rovescio. Uno dei migliori colpi mai prodotti da un giocatore italiano. Nel giugno del 2007, il tennista austriaco Werner Eschauer fu chiamato a scegliere il “tennista perfetto”: miglior servizio, dritto, rovescio, fisico, ecc…Al momento di votare il miglior rovescio, per nulla convinto dalle opzioni offerte dalla scheda (nomi da niente: Agassi, Safin, Nalbandian…) rimase con lo sguardo fisso sul foglio per un minuto buono…poi scrisse “Filippo Volandri”. Un mese prima, “Filo” aveva appena firmato l’impresa della carriera. Volandri è stato anche (molto) altro, ma è inevitabile ricordarlo come l’azzurro che ha riportato il Foro Italico ai fasti degli anni 70.

E pensare che quella edizione non era partita con i migliori auspici. Doveva essere una caporetto azzurra, senza giocatori ammessi di diritto, invece ritrovammo un italiano in semifinale a 29 anni di distanza, quando Adriano Panatta si spinse in finale, perdendo in cinque set contro Bjorn Borg. Con la sua wild card in tasca, Volandri (n.53 ATP) lasciò tre game a Teymuraz Gabashvili, poi fece una bella impresa contro Richard Gasquet, già n.13. Giovedì 10 maggio 2007, il suo avversario si chiamava Roger Federer. Indiscusso leader mondiale, l’anno prima aveva sfiorato il titolo contro Nadal e aveva appena battuto Nicolas Almagro. Nessuno pensava che Volandri potesse farcela. Invece giocò una partita perfetta, indimenticabile. Onestà intellettuale impone di ricordare un Federer un po’ confuso, che da lì a poco avrebbe dato il benservito a Tony Roche. Ma Volandri giocò talmente bene che nessun asterisco può sminuirne il successo. Partì benissimo: 3-0 con doppio break, poi 6-2 in 41 minuti. Federer provava a reagire, ma “Filo” lo teneva ben lontano dalla riga, lo sballottava fuori dal campo con angoli acuti e poi, se Roger non sbagliava, lo infilzava con un winner. Finiva 6-2 6-4 e Volandri accoglieva così il successo: “E’ stata la partita perfetta, ma me ne renderò conto solo domani perché ora sono al settimo cielo. Ero entrato in campo tranquillo perché sapevo che non avevo niente da perdere, ma la tranquillità è andata via a metà del secondo set, quando mi sono reso conto che potevo farcela per davvero”. A dieci anni di distanza, i ricordi sono più lucidi e romantici. Il più vivido è l’immagine di sé sdraiato per terra. “E poi il giro di campo per dare il ‘cinque’ agli spettatori. E’ stata la più grande soddisfazione sportiva della mia vita, e averla ottenuta al Foro Italico è il top”, dice Volandri, che fino all’ultimo torneo da professionista ha continuato ad essere un esempio per i giovani. Non ha mai perso la volontà di svegliarsi alle 7 per allenarsi prima degli altri, magari con la pioggia o sotto un pallone pressostatico. Infatti si è tenuto a galla fino alla fine. Come l’anno scorso, quando ha passato le qualificazioni e per poco non batteva David Ferrer nella sua ultima apparizione sul Campo Centrale. Ma torniamo al 2007: confermando la bontà di quell’impresa, 24 ore dopo superò anche Tomas Berdych, regalando all’Italia la seconda semifinale in un torneo Masters 1000: prima di allora, ce l’aveva fatta soltanto Andrea Gaudenzi a Monte Carlo 1995. Dopo di lui, sono poi arrivati Andreas Seppi (Amburgo 2008) e Fabio Fognini (Monte Carlo 2013 e Miami 2017). La favola si interruppe in semifinale, contro Fernando Gonzalez. Le tante emozioni, le aspettative, il clamore inatteso e la diretta TV in chiaro gli impedirono di esprimersi al meglio, ma la favola era già stata scritta. Se Dio vuole, nel 2007 eravamo già in piena era digitale. C’è quindi più di una traccia su Youtube, anche se il cimelio più prezioso è quel DVD spuntato fuori durante l’ultimo trasloco. Volandri lo ha visto diverse volte, specie quando le cose non gli andavano troppo bene. “Però la mia ragazza no, e poi nel 2007 non ci conoscevamo ancora. L’ho lasciato a portata di mano, pronto all’uso”. Magari potrà ritirarlo fuori quando, tra qualche settimana, nascerà la sua primogenita, frutto dell’amore con Francesca Fichera. E poi, quando la bambina sarà cresciuta, potrà raccontarle: “Lo sai cosa succedeva il 10 maggio 2007, prima che io e la mamma ci incontrassimo?”.

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