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Djokovic si aggrappa a Roma
“Qui mi aiuta il pubblico”

Questo contenuto è stato pubblicato 6 anni fa. Potrebbe essere riferito ad un’edizione passata degli Internazionali d’Italia.

Novak Djokovic è troppo intelligente ed esperto per illudersi per il 61 63 all’esordio a Roma. L’avversario, l’evanescente sia pur fantasmagorico Alexander Dolgopolov, che aveva già battuto cinque volte su cinque, non può essere un test veritiero sulla via di guarigione del convalescente più famoso del tennis maschile. Men che meno nel tennis, dopo le batoste sulla terra rossa al primo turno di Barcellona con Klizan e al secondo di Madrid con Edmund. Figurati in un Masters 1000 così importante in generale e significativo prima del Roland Garros, dove il fattore emotivo svolge un doppio ruolo. Perché, è vero, come sottolinea lui stesso: “Qui ho vinto il primo grande torneo sulla terra, le condizioni sono adatte al mio gioco, a cominciare dalla superficie, medio-veloce. E anche il fatto che capisco l’italiano e quindi ho sempre avuto un rapporto e una connessione particolari con la gente mi ha fatto sempre trovare le motivazioni per giocar bene”. Ma è altrettanto vero che proprio l’esaltante bilancio vittorie-sconfitte al Foro – ora 43-7 -, col titolo conquistato nel 2008, 2011, 2014 e 2015, più la finale di due anni fa, possono diventare un boomerang micidiale. E quindi trasformarsi in un ulteriore contraccolpo psicologico per chi, proprio di testa, sta soffrendo le pene dell’inferno, dopo aver dominato due anni fa il tennis. E vede sempre più corrodersi il suo feudo che sembrava senza confini.

Perciò, il serbo di gomma incassa volentieri il successo, sulla strada del Roland Garros: “Parigi è dove voglio giocare il mio miglior tennis diciamo che è l’obiettivo maggiore di questa parte della stagione, e sento che negli ultimi tornei il mio gioco sta andando nella giusta direzione. Non ho vinto tante partite e i risultati non sono soddisfacenti né per me né per quelli che mi seguono. Perché ho avuto standard molto alti per tanti anni. Ma questa è la realtà e devo accettarla. Non sono al livello che desideravo, ma sia Madrid che questo primo match sono stati incoraggianti. Spero di continuare così”. Ma, subito dopo, si infila in un soliloquio che dev’essere diventato abituale in questi momenti di crisi: “Questo è un gioco mentale, io ho sempre alzato l’asticella, perché sono abituato a chiedere sempre molto a me stesso, su qualsiasi superficie, mi aspetto di vincere. Non è un segreto. Ma nello stesso tempo devo imparare dagli ultimi dodici mesi: per via degli infortuni e dell’operazione ho dovuto pensare al mio gioco e ai risultati ed avvicinarmi ai tornei in un modo un po’ differente. Voglio sempre vincere ogni partita ma devo anche capire qual è il livello del mio gioco e accettare la realtà e il processo fino al livello di gioco che voglio raggiungere. Sento che ogni giorno faccio un passo avanti. E qui dove ho sempre fatto bene e mi incoraggiano sempre tanto, posso sperare di avere una buona settimana, ma nello stesso tempo, a guardare i risultati che ho avuto devo anche essere un po’ più modesto, rispetto alle aspettative, e vedere dove mi portano”.

Finito? No, Nole ripiomba a parlare quasi fra sé e sé, in conferenza stampa: “Questa è la vita. Tutti passiamo per storie diverse, attraversiamo traiettorie diverse, ma questa è la vita: mostrare la miglior versione di sé stessi in tutto quello che facciamo. E io sono passato attraverso varie circostanze che mi hanno proposto nuove sfide come tennista e come essere umano. Ma anche se mi sembra strano, anche se non ho vinto più uno Slam ed è un po’ che non gioco un bel tennis, sono comunque felice di aver superato questo processo. Perché mi permette di conoscere me stesso fino a un livello più profondo, e di indirizzare certe cose che in genere non facevo. Come per gli infortuni, e quando le cose sono andate di male in peggio, fino al punto di dovermi fermare e di subire un’operazione. E’ una curva di apprendimento per capire come uscire da questa situazione per andare avanti nel tennis. Non sono ancora al 100% ma mi sento meglio, in campo. Mi sono fatto tante domande, ho fatto dei cambiamenti, mi sono chiesto chi volevo vicino, se avevo bisogno di qualcosa, se volevo qualcuno accanto a tempo pieno, su che cosa volevo lavorare, se volevo cambiare racchetta. Ma i cambiamenti sono positivi quando sei concentrato sui miglioramenti. Vediamo dove mi portano”.
Coraggio, guerriero Nole.

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