
Questo contenuto è stato pubblicato 9 anni fa. Potrebbe essere riferito ad un’edizione passata degli Internazionali d’Italia.
Se al Foro Italico si corresse la maratona, Nadal e Djokovic sarebbero in lotta per la vittoria anche là. Probabilmente saranno i primi due giocatori al mondo a contendersi il trofeo degli Internazionali BNL d’Italia nella finale di domenica. Di sicuro ci sarà Nole, che ha dato fondo a tutta la sua immensa riserva di energie prima di imbrigliare Gulliver Milos Raonic. Il gigante canadese, numero 8 del mondo, va al tappeto dopo 3 ore nette di gioco, che ne fanno la seconda partita più lunga in questa edizione del torneo (preceduta soltanto dalle 3 ore e 19 minuti di Nadal-Simon).
Se papà Dusan e mamma Vesna non avessero trapiantato Milos in Canada, nato e vissuto a Podgorica in Montenegro fino a 3 anni, quello col serbo Djokovic sarebbe stato un derby a tutti gli effetti. E come in tutti derby che si rispettino, che sia calcio, basket o tennis, non sempre vince chi è favorito. Raonic ci è andato vicino, e molto, a far cadere Nole, l’unico in grado di interrompere l’egemonia di Nadal a Roma negli ultimi otto anni (è accaduto nel 2011 proprio contro Rafa in finale). Del resto è tutto più facile se madre natura ti ha dato in dono un attico di 196 cm, dal quale scaricare ace a 237 all’ora e seconde di servizio a 201. Ma il gigante Milos non è solo cannonate di servizio. Il 24enne canadese ha dimostrato, da quando si è messo nelle mani di Riccardo Piatti, di saper giocare molto bene anche sulla terra. I quarti a Montecarlo, dove risiede, (sconfitto da Wawrinka, che poi avrebbe vinto il torneo), e la semifinale a Roma (dove nei tre anni precedenti era sempre uscito al primo turno) ne sono la più recente testimonianza. Ma alla fine ammetterà. “Nole è stato più bravo di me, merita di andare in finale. Io da questa partita mi porto dietro tante cose positive e proverò a far meglio al Roland Garros”.
Il primo set fila via sul 6-6 senza break. Prima di incontrare Djokovic, nel torneo Raonic aveva perso solo due volte il servizio nel secondo set di quarti di finale con Chardy. Nel tie-break il serbo vola sul 3-0, ma mister ace (alla fine del match saranno 17) cala i suoi assi alla bisogna, non sempre di potenza, in alcuni frangenti ricorre anche allo slice, e si aggiudica il set per 7 punti a 5 con una bomba a 226 km/h. Nei primi due turni di servizio del secondo parziale, Djokovic, che ingaggia lo scambio invece di cercare gli spostamenti di Raonic, è costretto a salvare tre palle break, e quando al quarto game strappa il servizio al colosso canadese dopo un’ora e 42 minuti di tentativi viene giù il Centrale. “Nole, Nole” gridano i 10 mila sugli spalti. Boris Becker, versione All Blacks, serra i pugni. Ma Raonic non si scompone, come la sua chioma fissata dal gel, che fanno assomigliare il ragazzone ad un attore di una sit-com. Contro-break repentino, un pugno nello stomaco di Novak. Irrealistico ipotizzare un altro break: quando Raonic segue una prima a 237 km/H e smasha a piedi uniti un “ohhhhoohhh” di stupore ammanta il Centrale. Ancora tie-break. Milos si fa prendere dalla fretta e va fuori giri. Djokovic si guadagna due set point sul 6-4 con uno schema perfetto: risposta di rovescio su una prima a 222, dritto incrociato d’attacco, dritto lungolinea di chiusura. Dopo 2 ore e 20 la partita torna in parità. Nel terzo set, si capisce che sarà un’altra musica e che l’orchestra è passata nelle mani di Nole. Doppio break, al primo e al nono game. Il vice-Rafa chiude 6-3 e aspetta lo spagnolo per la più bella delle finali. Dimitrov permettendo.
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