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Nadal si prende il ‘clasico’ n.51
ma Djokovic c’è

Questo contenuto è stato pubblicato 6 anni fa. Potrebbe essere riferito ad un’edizione passata degli Internazionali d’Italia.

Non entrava più uno spillo sul Campo Centrale per questa 51esima edizione della sfida tra Rafael Nadal e Novak Djokovic. Il pubblico romano ha percepito l’eccezionalità della situazione e si è stretto nello stadio da 10.500 posti riempiendolo fino alla piccionaia.

Difficile immaginare che questi due campioni possano trovare uno scenario più spettacolare e caldo da qualche altra parte del mondo perché Roma li ha ormai adottati entrambi e le esplosioni di supporto ed entusiasmo erano da pelle d’oca da entrambe le parti. All’applausometro forse prevaleva Djokovic anche se Rafa al Foro Italico vanta ben sette titoli contro i quattro del serbo.

In questo senso contribuiva senz’altro il periodo di difficoltà da cui sta cercando di uscire il vincitore di quattro Slam consecutivi tra 2014 e 2015 ( 12 i suoi major in carriera). Si finisce istintivamente per parteggiare per chi si presume sia in difficoltà. E vedere Nole n.18 del mondo fa una certa impressione.

Il match è stato degna ricompensa per chi ha speso i soldi del biglietto. Si sono rivisti in campo, come per magia ( mancavano da un paio di stagioni) quegli scambi ai limiti della fisica e dalla balistica cui questi due fenomeni avevano abituato il mondo. Djokovic a cercare di aprirsi il campo per affondare il rovescio incrociato nell’angolo sinistro di Rafa, dove il suo dirittone poderoso ma ampio nel gesto può arrivare con una frazione di secondo in ritardo.

Rafa a rincorrere la palla anche tra le gambe del diavolo, in caso fosse necessario, umile e molto rispettoso del valore dell’avversario anche se momentaneamente decaduto. Imperforabile sul rovescio e pronto a esplodere il frullone di diritto che gira come nessun’altra palla al mondo.

Ne è venuta fuori una partita d’altri tempi anche se l’intensità al calor bianco è durata solo per un set chiuso da Nadal al tie-break (7 punti a 4) durato la bellezza di un’ora e 12 minuti.

Sotto 5-2 Djokovic è stato capace di tenere il servizio “a zero” e poi di controbrekkare l’avversario. Fino a giocarsi il set spalla a spalla. Anche il tie-break si è deciso su dettagli: nei momenti decisivi Nadal è riuscito a rubare campo all’avversario, costringendolo ad arretrare di un passo dietro la linea di fondo. E questo ha tolto al serbo l’incisività che ha mostrato di possedere ancora a questo livello.

Era frustrato Nole all’inizio del secondo set. Sentiva di giocare da par suo ma che gli mancava quel piccolo margine di sicurezza che una volta gli permetteva di non sbagliare mai la botta vincente (specie col rovescio bimane) nel momenti topici: il suo marchio di fabbrica.

Sull’1-1 ha vissuto il classico ‘passaggio a vuoto’ nel turno di battuta e Nadal, che non sa nemmeno il significato di questo modo di dire, gli ha strappato il servizio a zero.  Questa volta il recupero non è più riuscito mentre la frustrazione è salita ancora un po’. Il 6-3 finale, dopo un’ora e 56 minuti di partita, lancia lo spagnolo verso l’ennesima finale. Non deve però frustrare il serbo che ha dimostrato di essere di nuovo vicinissimo al livello che fu.

Specchiarsi nel livello di Rafa dovrebbe avergli restituito un se stesso niente male. E il tennis di lui ha ancora bisogno

 

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