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Le vertigini di Fabio
tolgono Rafa dai guai

Questo contenuto è stato pubblicato 6 anni fa. Potrebbe essere riferito ad un’edizione passata degli Internazionali d’Italia.

I cinque giochi con cui Fabio Fognini ha spaventato a morte Rafael Nadal, dall’1-4 al 6-4 con cui si è concluso un primo set da favola, rimarranno uno splendido ricordo per chiunque abbia avuto la fortuna di assistervi. “Fabio è un giocatore dal talento incredibile” ha detto Rafa a caldo, pochi minuti dopo il match point, con in faccia il sollievo di chi capisce i pericoli nascosti in un incontro dall’orario e dall’avversario anomali: “Ha giocato molto bene dal 4-1 del primo set, ha colpito tanti winner” ha proseguito con un italiano più che decente prima di aggiungere l’unica cosa che gli importava davvero, in quel momento: “Sono contento di tornare in semifinale agli Internazionali d’Italia”. A Roma non stava tra i primi quattro – incredibile a dirsi per Nadal e un Masters 1000 sul rosso – dal 2014. Aveva perso nei quarti lo scorso anno, l’anno prima e anche nel 2015. Non è successo quest’anno e, inutile negarlo, il sapore dolciastro di rimpianto a qualcuno è rimasto.

Il match si è concluso per 46 61 62, in due ore e quattordici, ma per circa 70 minuti qualche sogno di gloria è parso legittimo e giustificato. Perché, come ha detto lo stesso Rafa, “se il tuo avversario controlla i punti più di te, sei nelle sue mani, sei nei guai”. E’ esattamente ciò che è successo in quei cinque giochi consecutivi firmati da Fognini: con un rovescio capace di aprire ferite profonde tanto sul lungolinea quanto sul lato del diritto di Rafa, e un diritto capace di traiettorie vincenti improvvise e chirurgiche, Fabio ha dominato per più di mezz’ora l’avversario e le condizioni più difficili che si possano affrontare in questo sport. Perché, come detto e ripetuto da pressoché chiunque ne mastichi un po’, Rafa sul rosso è l’ostacolo più imponente che il tennis contemporaneo possa proporre. Sono pochissimi i giocatori al mondo che possono concludere un set di oltre un’ora contro Rafa, su terra battuta, con 16 vincenti e in bilancio positivo rispetto agli errori (appena 14). Per rendere l’idea, basta ricordare la striscia di cinquanta (50!) set consecutivi vinti su questa superficie da Rafa, tra maggio 2017 e maggio 2018: un record assoluto, su ogni superficie, nella storia Open del tennis globale.

Peccato che molto sia cambiato dopo quei primi 60 minuti: “Stava anticipando benissimo la palla, più di me, il gioco era nella sue mani, quindi dovevo cambiare qualcosa. Sono diventato più aggressivo, ho iniziato a spostarmi di più sul diritto”, secondo la versione raccontata da Rafa in conferenza stampa. Il risultato è stato un break che “mi ha dato fiducia”, e che “mi ha segato un po’ le gambe”, per utilizzare le parole di Rafa e Fabio rispettivamente. Anche a quel punto e persino dopo la fine del secondo set, però, il match e Fognini sembravano entrambi vivi e in salute. Il tracollo, purtroppo, è arrivato dopo.

Che cosa sia successo, al corpo e alla mente di Fabio Fognini dopo il primo gioco del terzo set, con ogni probabilità non lo sa esattamente nemmeno lui. Chissà se l’impatto emotivo del “Fabio-Fabio”, il coro intonato in quel momento con potenza letteralmente inaudita dal pubblico romano, gli abbia causato qualche difficoltà. Nei pochi secondi che i due hanno impiegato per cambiare campo, sull’1 a zero per Fabio, il Foro Italico ha comunicato al suo beniamino un affetto finalmente incondizionato, con un volume calcistico, tale da risuonare dentro a tutti i 10.000 del Centrale. Dopo anni di amore e odio, l’intensità del momento mescolata alla possibilità concreta di una vittoria contro il boss del rosso potrebbero aver rappresentato una consapevolezza troppo pesante da gestire. E’ possibile che, come era già accaduto contro Gojowczyk e prima con Thiem, le gambe di Fabio abbiano improvvisamente accusato la tensione. Rimane il fatto che, dopo aver difeso il primo turno di servizio del set decisivo e aver ascoltato il coro più potente che questo Centrale abbia mai tributato a qualcuno, Fabio ha smesso di arrivare bene sulla palla: per tre giochi è rimasto contratto, perdendo dodici punti consecutivi. In un lampo, un set che prometteva spettacolo e suspense era pressoché terminato.

Ci ho lasciato tutto quello che avevo. Vado via da Roma a testa alta” ha detto Fabio all’inizio del suo incontro con la stampa, un impegno cui avrebbe comprensibilmente rinunciato con piacere. Non ha citato la fasciatura che si è fatto mettere sul ginocchio sinistro, al secondo cambio campo del terzo set. Ha cercato di terminare la conferenza stampa in fretta, rispondendo con un glaciale “Assolutamente no” a chi gli chiedeva se quel coro e quei dodici punti lasciati per strada fossero in qualche modo correlati.

Sia vero o meno non importa, perché il torneo del nostro numero 1 rimane da incorniciare. E il suo rapporto finalmente simbiotico con il pubblico è un patrimonio inestimabile, il cui valore potrebbe aumentare nelle prossime edizioni di questo torneo, se Fabio continuerà a festeggiare il compleanno del piccolo Federico a Roma per ancora qualche anno. Se, detto in altre parole, Fabio farà al tennis italiano il gigantesco favore di continuare a giocare a questi livelli per qualche altra stagione.

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