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LE INTERVISTE

REAZIONI A UN COLPO DI SCENA
Svitolina: “Lei si muoveva ancora bene”
Halep: “Caviglia un po’ gonfia. Succede”

Questo contenuto è stato pubblicato 7 anni fa. Potrebbe essere riferito ad un’edizione passata degli Internazionali d’Italia.

Fronte libera, capelli sciolti. Cappellino sul viso, capelli raccolti. Anche ignorando ciò che è successo sul campo, si vede letteralmente ad occhio chi ha vinto e chi ha perso. La prima, sorridente tra le due cascate di capelli biondissimi che le incorniciano il viso raggiante, è ovviamente Elina Svitolina. La tennista di Odessa, nata il 12 settembre 1994, sta mettendo insieme i pezzi del suo tennis e i risultati si vedono, eccome: prima tennista nella classifica Race, prima a raggiungere 30 match e 4 tornei vinti nel corso del 2017. Qui era seguita da Andrew Bettles, che nel primo set è stato fondamentale nel consigliarle di aumentare il ritmo e non farsi comandare da Simona Halep: “Sapevo di dover essere paziente, di dover aspettare la mia opportunità per poi farci qualcosa. Nel primo set ho fatto fatica. (…) Quindi sì, mi ha aiutato molto. E’ stato positivo sentire ciò che mi ha detto”. Il lavoro che dalla scorsa off season sta portando avanti anche con Gabriel Urpi, ex coach di Flavia Pennetta, e Thierry Ascione sta funzionando anche dal punto di vista mentale. La sua avversaria le ha presentato una di quelle situazioni più scomode da affrontare, ovvero l’infortunio di chi ti sta di fronte su un campo da tennis: “Ho davvero gestito la pressione. Perché lei si stava ancora, voglio dire, muovendo bene nel secondo set, ma dovevo metterle pressione e mostrarle che ero lì e volevo vincere tantissimo. Penso abbia funzionato bene”. Eccome. Tanto che, con l’infortunio di Simona e Parigi dietro l’angolo, la domanda sul prossimo Slam diventa d’obbligo: “Non saprei fare i nomi [delle favorite]. Ci sono talmente tante giocatrici…”, dice prima di dire una cosa contro-intuitiva ma assolutamente corretta: “Sarà molto una questione di condizioni del campo, perché se i campi saranno sotto acqua per un paio di giorni e pioverà e così via, sarà un vantaggio per gente che picchia la palla fortissimo. Quindi speriamo che i campi siano asciutti, e avremo più opportunità per giocatrici da terra battuta, che si muovono e giocano da terra battuta. Lei si fa scivolare addosso le aspettative, ma al Roland Garros avrà molti occhi puntati addosso. Manca ancora una settimana, però: Questa è una delle migliori giornate della mia carriera, sì” dice Elina “Questo torneo significa tantissimo per la mia fiducia sulla terra battuta” Prima di aggiungere: “E adesso avrò due giorni liberi, finalmente”. Questa è stata la frase che ci ha regalato il suo sorriso più bello. Qualcosa vorrà pur dire.
Quella con il cappellino e i capelli raccolti, arrivata per prima in conferenza stampa, era invece e ovviamente la sconfitta Halep. Nessun cruccio sul suo volto: l’espressione della nuova Simona, che vinca o che perda, si può definire serafica. Anche l’esito di una finale in cui partiva grandemente favorita, compromessa dalle due cadute sulla caviglia sinistra, non è stato sufficiente a metterle addosso una maschera di delusione. “E’ dolorante. Un po’ gonfia. Ma è normale”, dice come prima cosa in conferenza stampa, visiera calcata in fronte a coprire parzialmente il suo viso dai tratti quasi felini: “E’ stata dura nel primo set quando l’ho storta. Succede, tant’è”. Serena e razionale, nonostante una caviglia che fino al Roland Garros rimarrà una delle più grandi incognite dello Slam parigino al femminile. “Sul 5-3 nel secondo set, quando mi sono girata per colpire un diritto anomalo, lì l’ho sentito di nuovo” ha raccontato Simona, dicendo di fatto di non essersi ritirata solo perché non le piace: “Non voglio interrompere gli incontri. Quindi volevo solo vincere il secondo set. Non ce l’ho fatta. (…) Nel terzo non riuscivo a correre, quindi è per quello che non ho fatto nulla”. Lo stato di salute dell’articolazione della romena è, da solo, capace di sballare completamente la lista delle favorite a Parigi: “No, no. In questo momento, no”, dice lei a chi le chiede se si sente la prima delle contendenti al titolo. Ma è anche fiduciosa: “Penso sia abbastanza [una settimana]. Penso sia abbastanza per una caviglia, ma devo fare una risonanza magnetica per vedere cos’è successo. Vado a casa per farla, quindi domani lo saprò”, con quella espressione di quieta determinazione che da un paio di settimane le si può leggere in viso. Il suo cammino di avvicinamento al Roland Garros è stato fenomenale, con la vittoria a Madrid e la finale qui, soprattutto per la qualità del gioco espressa. Ora però dovrà fare i conti con una sfortunata incognita che rischia di far deragliare tutto lo splendido lavoro – tecnico, fisico e mentale – fatto fin qui. Eppure, anche il suo viso si illumina di uno splendido sorriso, quando scherza sul breve ma meritato riposo che l’attende: “Domani di certo non giocherò a tennis”, facendo ridere una buona metà dei giornalisti presenti, ben consci dell’intensità delle sue ultime settimane. Perché non sembra, eppure anche il tennis è un lavoro.

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