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FINALE SHARAPOVA-SUAREZ NAVARRO
La russa supera la Gavrilova in 2 set

Questo contenuto è stato pubblicato 9 anni fa. Potrebbe essere riferito ad un’edizione passata degli Internazionali d’Italia.

La batosta di Miami l’aveva messa in allarme. Non capita tutti i giorni di giocare la semifinale di un Premier Five contro la numero 78 WTA. Ma allo stesso tempo, Maria Sharapova non gioca quasi mai contro un’avversaria che la precede negli scontri diretti. Insieme a Sven Groeneveld ha preparato il match nei minimi dettagli e si è presa la terza finale al Foro Italico dopo quelle, vincenti, del 2011 e del 2012. Allora battè Stosur e Li, stavolta le tocca Carla Suarez Navarro e l’esito non è affatto scontato. Come lei, Daria Gavrilova ha abbandonato la Russia, ma si è fatta tentare dalle sirene australiane e ha anche cambiato nazionalità. Al suo fianco, l’ex doppista Nicole Pratt. Forse anche per questo “Masha” ha giocato con grande attenzione, concedendo una sola palla break nel primo set e dando sempre l’impressione di essere padrona del campo. Per questo la Gavrilova merita i complimenti. Ha giocato con coraggio, aggressività e nessun timore reverenziale. Insomma, sa stare in campo. Insieme a Serena Williams, la Sharapova è l’unica che può suscitare questo sentimento. Lei ha provato a picchiare con il dritto, ma la differenza in termini di forza si è fatta sentire: numero di errori sostanzialmente uguale (25 a 24 per la Sharapova), ma ben 18 colpi vincenti in più per la russa. “Dasha” ha resistito fino al 5-5, ma poi al cambio campo del 6-5 ha chiamato la trainer ed è uscita dal campo per farsi trattare. Come un orologio svizzero, è arrivato il puntuale break della Sharapova. Maria ha chiuso il primo set con una bella palla corta: sembra che ci abbia preso gusto. Finita? Neanche per sogno. La Gavrilova è ripartita alla carica nel secondo, si è presa l’unico break ed è scappata via fino al 3-1. A quel punto, tuttavia, è finita la benzina. Il peso di 7 ore di auto da Cagnes sur Mer e sei match romani si è fatto sentire sulle sue gambe, giovani e tozze. Su 3-4 ha cercato disperatamente di restare in partita, ma non ce l’ha fatta. Per la Sharapova sarà una finale importante: in caso di vittoria, eguaglierebbe Serena Williams come più titolata di sempre sulla terra battuta, con 11 titoli. In questo momento, curiosamente, condivide il secondo posto con Anabel Medina Garrigues. Lo meriterebbe: ha vinto 61 delle ultime 67 partite su terra e ha una continuità impressionante: vince almeno un titolo WTA dal 2003. Come spesso le accade, ha trovato la forma al momento giusto.

Maria Sharapova (RUS) b. Daria Gavrilova (AUS) 7-5 6-3

Ogni volta che Carla Suarez Navarro vince una partita, è una bella notizia per il tennis. Persino le “notes” WTA, i dati statistici distribuiti ai giornalisti, segnalano che è la giocatrice meglio piazzata a giocare il rovescio a una mano. Ma non è un colpo banale, è l’espressione tennistica più simile alla poesia. Gli dei del tennis hanno fatto questo dono a una ragazza delle Canarie, timida e appassionata d’acqua. Non riesce a farne a meno, vorrebbe sempre avere la pelle bagnata. A Roma ha centrato la migliore vittoria in carriera, almeno secondo i numeri. Al massimo aveva battuto una numero 3 (Svetlana Kuznetsova e, in tempi più recenti, Petra Kvitova). Adesso festeggia il 2-6 6-3 7-5 rifilato alla numero 2 WTA e favorita della vigilia. La scena più bella? Le lacrime, copiose, di coach Xavier Budo dopo il matchpoint, l’ennesimo dritto sbagliato dalla Halep. Forse avrà ripensato a tanti anni fa, quando la Suarez Navarro abbandonò la sua isola e si presentò alla sua accademia, la Pro-Ab Team Tennis Academy. Da allora hanno vissuto vittorie, sconfitte, momento difficili, quel problema al gomito che è sempre lì, latente. Ma adesso c’è il lieto fine: splendida finalista a Miami, dove ha ceduto a Serena Williams, adesso si ripete al Foro Italico, sull’amata terra rossa. Lo ha fatto con un match accorto, tutto cuore, in cui ha contenuto la furia iniziale della Halep, giunta all’appuntamento con appena 7 game al passivo. Il primo set è stato lo scenario di un bombardamento, simile a quello di Wawrinka con Nadal, anche se a ritmi più bassi. Carla è parsa in confusione, ma non ha mai mollato. Si è affidata alle sue gambe tozze, da maratoneta, per costringere la Halep a giocare sempre una palla in più. Dai e dai, il progetto ha funzionato. Piano piano, l’onda d’urto rumena si è ridotta e hanno iniziato a fioccare gli errori. Sull’1-1, ha sbagliato un clamoroso smash a campo aperto. Era il segnale che qualcosa stava cambiando. La Suarez Navarro è salita 3-1 e palla del 4-1, si è fatta riprendere ma poi è scappata via di nuovo. La Halep era in difficoltà col dritto: dei 60 errori totali, buona parte sono arrivati con questo fondamentale. Nel terzo set ha provato a restare in carreggiata, anche se il linguaggio del corpo non prometteva nulla di buono. Si è persino concessa un paio di lanci di racchetta, mentre il gioco della Suarez si faceva via via più solido. Simona ha preso ad ansimare ad ogni colpo, ha “sporcato” i suoi colpi con il topspin. A quel punto, il match è diventato pura bagarre. Lotta su ogni punto, con tanti errori ma anche colpi interessanti. In una girandola di break, la Halep ha rimontato da 3-4 e 5-4, trovandosi a due punti dal match, ma contro questa Suarez è durissima. La spagnola è rimasta lì, con il cuore e con le sue geometrie, è rimasta a galla e ha potuto godere al terzo matchpoint. Per le dolci lacrime del suo allenatore. Nei giorni scorsi aveva detto che non vuole più accontentarsi di essere una giocatrice “da quarti di finale”. Con questa finale è già certa di salire al numero 8 WTA, che diventerà 7 in caso di successo. La Road to Singapore, classifica valida per il Masters 2015, la vede addirittura in quarta posizione. Diciamo che ha già centrato il suo obiettivo.

La gallery del match Suarez Navarro VS Halep

La gallery del match Sharapova VS Gavrilova

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