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Le parole del tennis — i migliori racconti

Omicidio al Pietrangeli

Questo contenuto è stato pubblicato 6 anni fa. Potrebbe essere riferito ad un’edizione passata degli Internazionali d’Italia.

Prologo

Ero stato un buon tennista dilettante e sapevo che, talvolta, anche quando lo scambio è ancora in corso, la perdita del punto è inevitabile. Era questa la sensazione che provavo in quel momento, ero caduto in trappola e non avrei perso un punto, ma la vita. Curiosamente, l’unico pensiero che riuscii ad articolare fu il ricordo di un verso di De Andrè “Ninetta mia crepare di maggio, ci vuole tanto troppo coraggio, Ninetta bella dritto all’inferno, avrei preferito andarci in inverno”.

***

Pasquale adorava quel momento, i campi, i prati ed i viali del Foro Italico erano ancora ricoperti dalla rugiada primaverile e nel tempio del tennis in terra battuta regnava una quiete assoluta. Era un manutentore di campi e svolgeva l’incarico con dedizione assoluta. Ogni sera andava via solo dopo avere passato per un’ultima volta il tappeto sulla terra rossa del Centrale, certo di avere cancellato ogni segno e la mattina giungeva tra i primi, per godere del profumo dei fiori che, in perfetta simmetria, facevano da cornice alle aiuole lungo il viale principale, controllare che tutto fosse in ordine e, infine, affacciarsi sul Pietrangeli, da molti considerato il più bel campo del mondo, e provare l’emozione di entrarvi scendendo la scalinata che guarda il rigoglioso verde del Monte Mario.
Quel giovedì, però, gli riservava una spiacevole sorpresa: le imponenti statue che facevano da cornice a quel campo osservavano immobili un uomo disteso, prono, nei pressi della rete.
Pensando ad un malore, affrettò il passo verso la sagoma e dapprima non si accorse del sangue che si camuffava nella terra rossa. Giunto accanto al corpo sentì un’accelerazione del battito cardiaco quando vide gli occhi immobili e semi socchiusi dell’uomo e l’ampia ferita alla testa che ne lasciava scoperto un pezzo di materia grigia e, poco distante, notò a terra uno dei paletti reggi rete in metallo.
Si precipitò ad avvisare gli operatori del 118 che giunsero immediatamente al Pietrangeli insieme a due poliziotti che presidiavano gli ingressi del Foro dove, di lì a poche ore, sarebbero arrivate migliaia di persone.
Pasquale si stupì delle sensazioni che provava: più un senso di disagio per le sorti del campo che sarebbe stato deturpato dal passaggio di coloro che avrebbero dovuto effettuare rilievi sulla scena del crimine, invece che turbamento per la scoperta.

I poliziotti delimitarono l’area e chiesero via radio l’immediato intervento della scientifica. Accertarono che la vittima era il giornalista sportivo Giovanni Giglio.

Arrivarono sulla scena, quasi contemporaneamente, il direttore del torneo, la scientifica e il medico legale che constatò immediatamente la morte dell’uomo. Il direttore del torneo non nascose la sua preoccupazione.
Quel giorno erano previsti diversi incontri su quel campo ed una esibizione di Nadal con dei piccoli tennisti in erba. Sapeva che il Pietrangeli sarebbe rimasto inaccessibile e si apprestò a organizzare una modifica ai programmi della giornata.
Il Foro sarebbe rimasto aperto, lo spettacolo del tennis doveva continuare.

Il sole già scaldava l’aria mentre gli esperti della scientifica, coordinati dalla dottoressa Margherita Falgares, si muovevano avvolti nelle loro tute in tyvec bianche, posizionando lettere sulla terra rossa del campo e scattando foto per congelare la scena del crimine, prima che il corpo fosse prelevato dai coroner.
“Lesione cranica con frattura del lobo occipitale cagionata da un corpo duro compatibile con la parte metallica del paletto reggi rete” fu la diagnosi sulle cause della morte del medico legale che in pochi minuti effettuò l’ispezione cadaverica.
“Direi che la morte è collocabile tra le otto-dieci ore fa” concluse congedandosi in attesa di effettuare l’autopsia.

Mauro Di Cara, un giornalista approdato allo sport dopo anni di cronaca nera e giudiziaria, arrivò trafelato, battendo sul tempo tutti gli altri colleghi, come era solito accadere. Riconobbe Margherita da lontano, con i suoi capelli biondi e ondulati che le coprivano le spalle, il fisico asciutto, gli occhi azzurri più chiari del cielo di quella mattina mentre era concentrata sui rilievi e l’osservazione del campo con delle lampade a luce radente che le permisero di individuare il frammento di un’unghia.
Mauro si avvicinò a Margherita, in passato aveva scritto su diverse indagini risolte dalla giovane dottoressa della scientifica. La vittima, non giaceva più sulla superficie di gioco, dove restavano solo i segni che il corpo aveva lasciato sul campo e il sangue confuso con la terra rossa.
“Margherita, come stai? Cosa è successo?”.
“E’ un bel rebus. Giovanni Giglio è stato ucciso ieri sera. Probabilmente da un colpo secco in testa con uno dei paletti che reggono la rete. Sembrerebbe un gesto d’impeto. Mi puoi dire qualcosa su di lui o su cosa stesse lavorando?” chiese Margherita.
“Non ci posso credere. Ieri sera eravamo insieme proprio su questo campo. C’è stata un’esibizione tra noi giornalisti e alcuni giocatori. Un paio di doppi per intrattenere il pubblico, tutto sommato numeroso, visto che giocavano Del Potro, Dimitrov, la Keys e la Vinci. Giovanni ed io non abbiamo giocato, ma siamo rimasti per scrivere un pezzo sulla manifestazione”.
“Qualche sera fa, però, mi ha confidato che stava seguendo un giro di scommesse. Aveva notato delle anomalie su alcuni risultati di incontri di giocatori della parte medio bassa del ranking ed una impennata di giocate proprio su quelle partite” aggiunse Di Cara.

Margherita chiese a Mauro di accompagnarla e si incamminò nuovamente verso la scena del crimine dove i colleghi della scientifica avevano impacchettato in una busta di sicurezza il paletto reggi rete sulla cui estremità erano evidenti tracce di sangue ed il frammento di unghia. Sarebbero stati immediatamente analizzati, insieme allo zaino che la vittima teneva sulle spalle, nei nuovissimi laboratori mobili collocati all’interno del furgone della scientifica, parcheggiato a ridosso del Pietrangeli.

Mauro, in compagnia di Margherita, si diresse nella grande sala regia dalla quale giornalisti e opinionisti commentavano la vita del Foro. Chiesero di poter visionare le registrazioni del giorno prima andando a ritroso dalla sera. Le ultime immagini registrate si riferivano proprio all’evento del Pietrangeli dove un folto e divertito pubblico ammirava i grandi del tennis che scherzavano con i giornalisti schierati in campo. Osservarono quei filmati con l’occhio non di chi segue la pallina gialla ma cercando di scovare Giglio. Mauro impiegò pochi istanti a riconoscersi mentre parlava con la vittima. Il desiderio di scoprire la verità prevalse sul turbamento nel vedere l’amico ancora vivo. Lasciarono che le immagini andassero avanti per osservare con chi si sarebbe intrattenuto Giglio.
L’inquadratura lasciava nello spazio visivo la vittima e un gruppo di giovani tennisti che, vedendolo solo, gli si avvicinarono. La qualità del filmato era al limite di risoluzione e non permetteva di riconoscere agevolmente i volti.
Margherita ne chiese una copia per analizzarlo con dei nuovi software.
Mauro seguì la poliziotta mentre, a passo deciso, si dirigeva al laboratorio mobile della polizia scientifica. Lei lo fece entrare all’interno di quel “camper delle meraviglie” contenente ogni apparecchio necessario per analizzare qualsiasi traccia trovata su una scena del crimine.
Affidarono il dvd ad un addetto che ne avrebbe estrapolato immagini ad una migliore definizione mentre loro passarono al setaccio il blocco con gli appunti che Giglio aveva all’interno dello zaino.
Una sorta di codice criptato li incuriosì. Una sequenza di numeri che Mauro collegò immediatamente a dei risultati di partite di tennis, accompagnati, in qualche caso, da un asterisco. Restava da decifrare le indicazioni che Giglio aveva utilizzato per indicare i giocatori di quei match.
Nell’arco di pochi minuti le immagini furono più chiare e Mauro non ebbe difficoltà a riconoscere due giovani promesse del tennis italiano, Roberto Costa e Claudio Pavan, quest’ultimo con il suo allenatore e l’avvenente fidanzata.
Ragionarono sui codici assegnati ai giocatori e non fu difficile capire che si trattava delle partite dei due tennisti, quelle con l’asterisco erano caratterizzate da un’impennata nelle scommesse. Nel chiudere il taccuino della vittima ai due osservatori non sfuggì una pagina bianca con il segno di un bacio lasciato da labbra tinte da un rossetto rosso tendente al bordeaux.
Le immagini si concludevano con la fine della manifestazione serale e l’allontanamento del pubblico dal Pietrangeli. Giglio ed i giovani erano usciti dal campo visivo della telecamera ma tutto lasciava intendere che si sarebbero trattenuti. Mauro e Margherita erano quasi certi che l’inchiesta giornalistica che Giglio stava seguendo era collegata alla sua morte. La poliziotta ordinò via radio ai suoi uomini sotto copertura di rintracciare i due tennisti, osservarli e filmare tutto con i nuovi sistemi che trasmettevano le immagini in diretta in sala regia.
Furono individuati in breve tempo. La noia delle immagini fu interrotta da un’accesa discussione tra Claudio Pavan e la fidanzata. “Sei una grandissima troia” fu la frase percepita in sala regia dal movimento delle labbra di Pavan. Strattone, spintone, pianto di lei che cerca di fermarlo mentre lui si allontana.

Le ore trascorrevano, i chioschi che vendevano cibo furono presi d’assalto da un pubblico accaldato e affamato. Stavano per entrare in campo le partite del pomeriggio mentre il giornalista e la dottoressa Falgares osservavano dalla sala regia la vita al Foro. Di Cara non riusciva a distogliere lo sguardo dalla fidanzata di Pavan. Chiuse occhi a fessura quando, sempre guardando lo schermo disse alla poliziotta “Margherita, osserva il rossetto. Non sono molte le donne che usano questa tonalità. Non fraintendere, è che non riesco a stare con donne con il rossetto, per questo lo noto”. Fermarono l’immagine e convennero che era una tonalità simile al bacio lasciato sul taccuino di Giglio.

Tutto sembrò accadere molto velocemente. Pedinare e tenere sotto controllo Pavan e il suo staff portò gli investigatori nella giusta direzione. Fu quando in un luogo appartato del Foro, pensando di essere lontani da occhi indiscreti, gli agenti della scientifica ripresero il giovane tennista che riceveva dall’allenatore una mazzetta di banconote che Di Cara e la Falgares decisero di andare a interrogarli. Pavan e l’allenatore sembravano molto nervosi. Stava per esplodere lo scandalo sul giro di scommesse del quale Giovanni Giglio era stato l’abile investigatore e loro, insieme a Roberto Costa, sarebbero finiti sotto inchiesta. Furono interrogati dalla polizia insieme a Margherita e Di Cara.
L’interrogatorio di Pavan andò per le lunghe e trascorse qualche ora prima che ammettesse di aver avuto un’accesa discussione con Giglio, non per la vicenda delle scommesse ma perché aveva scoperto che la fidanzata aveva una relazione con lui.
In una stanza attigua l’allenatore, messo alle strette confessò di essere il regista della gestione delle scommesse.
L’indagine stava per chiudersi con il fermo dei due in attesa dei riscontri della scientifica.
Pavan si avvicinò alla fidanzata per salutarla. Fu in quella circostanza che Margherita notò un’unghia spezzata nella mano curata della ragazza. Il telefono cellulare vibrò nella tasca della giacca della poliziotta. Il collega biologo le comunicò che, inaspettatamente, da una delle campionature effettuate sul paletto reggi rete era stato ottenuto un profilo genetico riconducibile a un individuo di sesso femminile, identico a quello ottenuto dall’unghia.

L’interrogatorio si spostò sulla fidanzata di Pavan, Ninetta Paulova che fino a quel momento era stata defilata. La mani le iniziarono a tremare, Margherita le chiese un campione di saliva per effettuare l’analisi del dna ma non fu necessario. La giovane russa crollò e confessò dopo poco. Era pronta a lasciare Pavan per amore di Giovanni Giglio quando, la sera precedente, prima di salutarsi sul Pietrangeli, Giglio le aveva confessato di averla frequentata solo per seguire da vicino la sua inchiesta sulle scommesse. Cosa fosse accaduto dopo era chiaro, in preda a un raptus Ninetta aveva afferrato il paletto reggi rete e aveva colpito la vittima alla testa con tutta la sua rabbia.

Di Cara si apprestò a scrivere un articolo, a metà tra cronaca nera e sportiva, su quella triste giornata. Margherita, invece, andò in ufficio a definire gli ultimi dettagli dell’indagine.

Si salutarono con la promessa di rivedersi.

***

La notte era calata sul Foro.
Il pubblico, lento, defluiva verso le uscite, e il Pietrangeli, le cui statue si tingevano di grigio, era ancora delimitato dai nastri della polizia scientifica.
Pasquale passò per un’ultima volta il tappeto sul campo Centrale, lo coprì con un telo e spense le ultime luci.
L’indomani i grandi del tennis si sarebbero sfidati per approdare alle semifinali.

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